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autore
brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), XI, 2
 
originale
 
2. "Regina caeli, ? sive tu Ceres alma frugum parens originalis, quae, repertu laetata filiae, vetustae glandis ferino remoto pabulo, miti commonstrato cibo nunc Eleusiniam glebam percolis, seu tu caelestis Venus, quae primis rerum exordiis sexuum diversitatem generato Amore sociasti et aeterna subole humano genere propagato nunc circumfluo Paphi sacrario coleris, seu Phoebi soror, quae partu fetarum medelis lenientibus recreato populos tantos educasti praeclarisque nunc veneraris delubris Ephesi, seu nocturnis ululatibus horrenda Proserpina triformi facie larvales impetus comprimens terraeque claustra cohibens lucos diversos inerrans vario cultu propitiaris, ? ista luce feminea conlustrans cuncta moenia et udis ignibus nutriens laeta semina et solis ambagibus dispensans incerta lumina, quoquo nomine, quoquo ritu, quaqua facie te fas est invocare: tu meis iam nunc extremis aerumnis subsiste, tu fortunam collapsam adfirma, tu saevis exanclatis casibus pausam pacemque tribue; sit satis laborum, sit satis periculorum. Depelle quadripedis diram faciem, redde me conspectui meorum, redde me meo Lucio, ac si quod offensum numen inexorabili me saevitia premit, mori saltem liceat, si non licet vivere."
 
traduzione
 
?O regina del cielo, o sia pure tu l'alma Cerere, l'antichissima madre delle messi, che per la gioia d'aver ritrovata la figlia, offristi all'uomo un cibo pi? dolce che non quello bestiale delle ghiande, e fai pi? bella con la tua presenza la terra di Eleusi; o anche la celeste Venere che all'inizio del mondo desti la vita ad Amore e accoppiasti sessi diversi propagando la specie umana con una discendenza ininterrotta, onorata ora in Pafo, circondata dal mare; o la sorella di Febo, che alleviando con dolci rimedi il dolore del parto, hai dato la vita a tante generazioni ed ora sei venerata nei santuari di Efeso; o che tu sia Proserpina, la dea che atterrisce con i suoi ululati notturni, che nel tuo triplice aspetto plachi le inquiete ombre dei morti e chiudi le porte dell'oltretomba e vaghi per i boschi sacri, venerata con riti diversi, tu che con la tua virginea luce illumini tutte le citt?, che nutri con i tuoi umidi raggi le sementi feconde, e nei tuoi giri solitari spandi il tuo incerto chiarore, sotto qualsiasi nome, con qualsiasi rito, sotto qualsiasi aspetto sia lecito invocarti, soccorrimi in queste mie terribili sventure, sostienimi nella mia sorte infelice, concedimi un po' di pace, una tregua dopo tanti terribili eventi, che cessino gli affanni, che cessino i pericoli. Liberami da quest'orrendo aspetto di quadrupede, rendimi agli occhi dei miei cari, fammi tornare il Lucio che ero. ?E se poi qualche divinit? che ho offesa mi perseguita con una crudelt? cos? accanita, mi sia almeno concesso di morire se non mi ? lecito vivere.?
 

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